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SCOPRIRE IL TRAM
(testo di Emilio Comici, foto di Gianluigi Ferrari
)

Mio nonno era solito portarmi in giro per lunghe passeggiate, quando ero piccolo: è grazie a lui che ho conosciuto i tram di Torino e il loro funzionamento. In una giornata di ottobre, stufi di andare solo a Porta Nuova per vedere il Pendolino (del quale sapevo già molte cose, come il pendolamento), il nonno decise di portarmi al Valentino, non tanto per i tram, quanto per mostrarmi il fiume e la Cerea, la società canottieri presso cui stesso aveva gareggiato, fondando quello che La Stampa chiamò “l’otto della speranza”.
Partenza quindi alle nove da via Isonzo, borgo San Paolo. Un bellissimo tram grande (una 2800) arriva e io salgo da davanti, timbro il biglietto, ma resto in piedi perché non c’è posto sui comodi sedili di legno. Arrivati nelle vicinanze di piazza Sabotino mio nonno schiaccia il pulsante per prenotare la fermata. Scendiamo. Ecco che sono schierati, pronti per partire, quattro tram corti (le 3100). Prendiamo la penultima, la più vuota: i sedili sono tutti per noi. Mi resta impressa la lunghezza del tram e i sedili piatti e squadrati. Dietro, sopra il numero di serie, c’è un buco: il nonno mi spiega che serviva per il vecchio trolley.

Dopo poco tempo partiamo e arriviamo al Valentino. Un giro fra il Borgo Medievale e il vicino laghetto con le oche e le anatre. Passa una barca, ma non era spinta dai remi azzurri e bianchi, era a motore: il primo incontro con Valentina: magico a dir poco. Purtroppo si era già fatto tardi, per gli orari di mia nonna, bisognava quindi tornare a casa. Alle 11.15 eravamo alla fermata del Valentino per prendere il 16 e tornare a casa. Nell’attesa un nuova cosa mi stupisce: un tram, gigante, con un vetro enorme (una 7000), che viaggiava con il pantografo al rovescio! Era un tram della linea 9, su cui saliamo ugualmente perché ci avrebbe comunque portato ad incrociare il “nostro” 15 per tornare a casa. E’ stata per me una sensazione fantastica salire su quella 7000. Non vedevo bene fuori, i sedili erano scomodi, ma ho amato subito quella serie, non so perché, forse per il pantografo, la pedana che esce da sotto la porta, oppure per il rumore. Arrivati al palazzo di giustizia prendiamo un’altra 2800 che ci riporta a casa.

Questo è il primo vero incontro con i tram di Torino: mezzi utili alla gente che li usa e comodi per ogni spostamento con qualunque tempo. L’unica cosa che imputai al tram fu la necessità dei fili, che a mio parere deturpavano l'ambiente. Mio nonno, con accento un po’ veneto, mi rispose: “i fili erano molti di più una volta quando c’era l’asta, poi devi pensare che servono per far prendere la corrente al tram, altrimenti non sarebbe più un mezzo che non fa puzza quando passa”. In effetti non aveva torto, ogni autobus che incrociavo mi ricordava quanto aveva ragione! Questo racconto è quindi un invito: nonni, genitori, fate conoscere il tram ai più piccoli: non lamentiamoci dei fili, sono un buon compromesso per avere un’aria più respirabile.